Vestiti e ricordi

That’s my technique, I resurrect myself through clothes. In fact it’s impossible for me to remember what I did, what happened to me, unless I can remember what I was wearing, and every time I discard a sweater or a dress I am discarding a part of my life. I shed identities like a snake, leaving them pale and shrivelled behind me, a trail of them, and if I want any memories at all I have to collect, one by one, those cotton and wool fragments, piece them together, achieving at last a patchwork self, no defence anyway against the cold. I concentrate, and this particular lost soul rises miasmic from the Crippled Civilians Clothing Donation Box in the Loblaws parking lot in downtown Toronto, where I finally ditched that coat.
tratto da “Dancing Girls” di Margaret Atwood

Tradotto per i non anglofoni (il grassetto è mio):

Questa è la mia tecnica, io resuscito me stessa attraverso i vestiti. Per me è impossibile ricordare cosa ho fatto, cosa mi è successo, se non posso ricordare cosa indossavo, e ogni volta che butto via un maglione o un vestito sto gettando una parte della mia vita. Spargo identità come un serpente, lasciandole pallide e raggrinzite dietro di me, una scia, e se voglio recuperare dei ricordi devo raccogliere, uno per uno, questi frammenti di cotone e lana, metterli insieme fino ad ottenere un’identità simile ad un patchwork che non assicura alcuna difesa contro il freddo. Mi concentro e quella specifica anima perduta si solleva come un miasma dalla scatola per le donazioni ai mutilati civili dove alla fine ho lasciato quel cappotto, in un parcheggio in centro a Toronto.

Questo brano di un racconto di Margaret Atwood mi ha colpita moltissimo, questo abbinare i vestiti ai ricordi in modo così stretto da non riuscire a liberarsi dei primi senza dover rinunciare anche ai secondi. Una memoria visiva, tattile e olfattiva che trasforma un vestito in una specie di seconda pelle, un simulacro di ricordo, quasi un talismano magico.
Sarebbe molto comodo riuscire davvero a liberarsi di certi ricordi così facilmente…e molto confortante potersi affidare ad un pezzo di stoffa come memoria dei momenti felici.

Tempo fa parlavo (o meglio discutevo) con la madre di una mia amica a proposito di traslochi e armadi e scatoloni pieni di vestiti tenuti solo per ricordo. Per me, che non ho questo tipo di mentalità, sembrava impossibile averli tenuti per tutti questi anni a fare la muffa quando sarebbero potuti essere utili a qualcuno. Per lei, molto vicina alla protagonista del racconto citato e amante della sartoria e della moda, è impossibile anche solo pensare di liberarsene, due posizioni completamente opposte e inconciliabili perché nessuna delle due è in grado di capire l’altra.

Dopo aver letto questo racconto, cara Anna, forse capisco un po’ meglio cosa intendevi. Non è il mio modo di sentire e ricordare e ovviamente continuerò a fare come ritengo più giusto per me, ma ho imparato che non si può essere troppo categorici quando si parla di eliminare gli oggetti, bisogna tenere conto dell’emotività della persona cui appartengono.

Saprò essere più sensibile e meno dogmatica 🙂

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